LIRICHE DI CLAUDIO CISCO
LA FINE DELLA CICOGNA
Un serpente velenoso
s’insinua vischioso nel mio
giardino d’infanzia,
due mani sporche di fango,
maliziosamente,
rubano al mio impubere corpo
l’innocenza.
Sui miei occhi appena aperti
calano inesorabili ombre
senza più luce.
I sorrisi ingenui delle fate
divengono tentacoli della
paura.
Muore sbocciando quel fiore
reciso
che non crescerà più.
Mi hanno ucciso la cicogna
e con lei anche Gesù Bambino.
NOSTALGIA
Le inquietudini del mio primo
bacio
e poi le affascinanti
scoperte intime,
i primi turbamenti,
quei peccati d’una età che
non torna più,
scomparsa per sempre.
E tu sorellina timida timida
ed io fratellino impacciato e
buffo,
tra sguardi e silenzi ci
spiavamo dentro l’anima,
imparavamo ad amare.
Cerco invano di ricreare
quegl’innocenti momenti intensi,
provo con la fantasia a
tornare bambino
insieme con te nella poesia
di quel nostro magico mondo,
mi ritrovo il fantasma d’un
uomo
già inesorabilmente
invecchiato.
Quelle due giovani creature
ora son come cristalli di
ghiaccio d’un viso d’inverno.
Quell’antica primavera
è ormai neve e gelo.
RICORDO D’UNA RAGAZZA
SCOMPARSA
Le serate passate sulla
nostra scogliera,
il bacio lì, in riva al mare
col tramonto che ascoltava le
nostre anime
mentre il mare suonava la
nostra canzone.
Tanti ricordi, tanti momenti
felici,
tanto amore.
È questo che vorrei gridare
in silenzio
ma a che serve ora che non ci
sei più?
La tua vita è stata troppo
breve
come il nostro amore.
Forse il tuo compito
era farmi provare un
sentimento nuovo per me: l’amore
per poi scomparire come un
angelo.
Sei salita al cielo
ed ogni notte, piangendo,
cerco di vederti tra le
stelle.
Addio per sempre!
SPERANZA
Nel buio della mia solitaria
esistenza,
proprio sul punto di
smarrirmi,
vorrei improvvisamente
incrociare la luce dell’amore,
tra mille volti riconoscere
il tuo soltanto,
e come un bambino,
di colpo,
scoppiare a piangere di
gioia.
VIAGGIO NELL’ANIMO MIO
Muta di parole e sguardi,
la mia mente vaga lontano in
penombra
dove il pensiero non ha
confini
e tutto può sembrare reale.
Così, col bisogno del ricordo
e del pianto,
penso al mio passato e alla
sua perduta giovinezza,
al mio presente fatto di
tempo fuggente,
al mio futuro sconosciuto ed
incerto nelle sue mille paure.
Quanta dolcezza nel guardarsi
dentro e perdersi in sé stessi!
Quali emozioni
nel vagare libero tra
solitudini e silenzi profondissimi!
Mi scuoto
e lentamente mi desto da un
viaggio
nel profondo della mia anima,
del mio essere così fragile,
così indifeso
rispetto alla grandiosità
della mia vita.
VOLO
Ho aperto i miei occhi,
liberato la mia mente
sfidando tutti i miei limiti,
ho lasciato alle spalle
gabbie, catene,
labirinti, muri
insormontabili,
e quell’uomo morto ch’ero
ieri
e che oggi non riconosco più,
fino a ridere della mia
disperazione del passato,
persino la morte sembra
inchinarsi
alla mia nuova voglia di
vivere.
Dentro di me
l’oscurità s’è trasformata in
un riverbero di luce,
nell’anima esplode
l’incredibile forza
dell’amore verso la vita.
Vedo nuovi orizzonti
distendersi davanti ai miei
occhi.
Intorno a me
spazi infiniti m’invitano a
raggiungerli.
Tutto è ancora da scoprire
e mi sta aspettando,
e con l’entusiasmo di un
bambino,
m’accorgo per la prima volta,
quanto sia meraviglioso
vivere.
Non ho più paura ormai.
Solo,
con il vento in faccia,
apro le mie ali
e mai più mi fermerò.
Finalmente adesso volo.
RICORDI
Si dirada come per incanto
la nebbia che mi avvolge
e s’apre d’improvviso il
cielo
col suo manto azzurro,
torno a ritroso nel tempo in
seno ai miei ricordi
come alghe marine che
succhiano caute mammelle di roccia.
Mi vedo a otto anni
quando avevo un’amica
soltanto
che volevo bene come sorella.
Ricordo ancora come fosse
ieri
i suoi capelli neri a boccoli
che le coprivano quell’esili
spalle
come schiuma del mare
accarezza gli scogli.
Era una bambina orfana
e la sera, quando andava a
dormire,
si addormentava con due
pupazzi vicino:
un orsacchiotto grande suo
padre, una Barbie la madre,
aveva un segreto, teneva quei
pupazzi sotto il cuscino.
Mi chiedeva spesso:
“Come mai le tue poesie son
tristi e tu non ridi mai?”
non sapevo mai risponderle.
Da grande sognavo già di
sposarla,
le dedicavo poesie e come per
magia il suo caro viso spariva
ed io mi vedevo in un teatro
affollato
con tanta gente in piedi ad
applaudirmi.
A quindici anni
evitavo i compagni, i giochi
e le feste
e restavo da solo per ore
ad osservare la distesa
infinita del mare,
una voce dentro mi ripeteva
sempre:
“I sogni non muoiono mai”.
Cercavo la libertà,
mi chiedevo se nell’universo
esistesse qualcuno simile a me,
immaginavo di volare via per
scoprire il mondo
senza ritorno, senza fermarmi
come un’onda senza mai una
spiaggia
ed i miei occhi ragazzini
curiosi e attenti,
si perdevano in lontananza,
laggiù dove si disperdeva il
mare oltre l’orizzonte.
Son diventato uomo troppo in
fretta
e non riesco più a sognare.
Cerco ancora l’arcobaleno
d’allora,
trovo le inquietudini di
adesso.
La speranzosa attesa d’un
tempo,
le antiche illusioni,
come oggetto prezioso caduto
per terra
e frantumato in mille pezzi,
sono morte e crollate
inesorabilmente
nell’amara consapevolezza del
nulla che mi circonda.
Ma perché bisogna dire addio
sempre alle cose più belle?
alle delizie che promette ma
non concede la vita?
Rassegnati animo mio,
le tue domande non
conosceranno mai risposte!
IL TRENO DELLA VITA
E il treno corre,
corre lontano sui binari
della vita,
lungo la strada del mio
dolore.
Va via velocemente
proprio come i miei anni,
il mio tempo che scorre.
Dai vetri del finestrino il
quadro cambia sempre
vedo montagne invalicabili di
paure,
pianure non più verdi di
speranze invecchiate,
laghi salati di pianto amaro.
Vedo fiumi, violente cascate
trascinare via tutto quanto,
mari in tempesta come i miei
pensieri irrequieti.
Vedo gallerie coprire il sole
come i miei momenti bui,
prigioni di tanti limiti ed
arrese,
miraggi di felicità nei
deserti della mia esistenza,
il cielo dove non ho mai
volato,
lontane isole esplorate solo
nei sogni,
nebbia lontana e foschie
senza amore, senza fortuna
e poi
file di alberi e nuvole
passare come un susseguirsi di emozioni,
paesi e città fuggire
malinconicamente come i ricordi più belli,
prati verdi dove correvo
sull’erba da bambino,
rivedo mia madre aspettarmi a
braccia aperte,
odo nel vento la sua voce che
mi chiama.
Il treno corre
la sua corsa senza fine
senza ritorno, senza fermate
ed io via con lui
m’allontano sempre più senza
sapere dove andrò,
certo di perdermi solo
come un vagabondo senza
famiglia.
Addio casa mia d’infanzia!
Addio amici della mia
adolescenza!
Addio giovinezza perduta per
sempre!
Quanta struggente nostalgia
mi avete lasciato!
Com’è triste non poter
tornare indietro!
Ma perché la vita è una corsa
continua?
Perché la fine di un viaggio
non c’è mai?
Mi fermerò soltanto
quando giungerà l’autunno con
la sua folata gelida,
come foglia ormai ingiallita,
sarò strappata dal mio
albero,
trascinata nel vento.









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